(1) Per esempio: Ambarabà ci-cì-co-cò, tre civette sul comò / che facevano l'amore con la figlia del dotore / il dotore si malò: ambarabà ci-cì-co-cò (una versione veneta da MARI et al., p.75. L'ortografia è quella degli autori).

(2) BRUGNATELLI 1998: 188. Questo procedimento può valere sia per "creare" ex novo parole inventate, sia per formare accoppiamenti di fantasia tra parole dotate di senso.

(3) Di solito il mutamento vocalico colpisce di preferenza la sillaba tonica. La pronuncia tradizionale, in effetti, tende ad accentuare ambedue gli elementi anche se è il secondo elemento che riceve maggior forza espiratoria: [,i-'i ,o-'o].

(4) E' nel V secolo che si hanno i primi indizi grafici della palatalizzazione di k avanti i, benché il fenomeno sia presupposto dal romanzo comune con le sole eccezioni di sardo e vegliotto (VÄÄNÄÄNEN 1974: 118).

(5) In alternativa, si può anche pensare che vi fossero semplici suoni onomatopeici, come coco coco di Petronio 59, 2 per imitare il verso di un gallinaceo (HOFMANN 1951: 60). Si pensi all'italiano coccodè delle galline e chicchirichì dei galli (in cui l'assenza di palatalizzazione fa pensare ad una creazione seriore, a partire da qualcosa di simile a *coco-ri-cò, v. l'onomatopea in francese). Ma la presenza di indefiniti sembra molto appropriata in una "conta", in cui vi è da sorteggiare i ruoli del gioco.

(6) Evidentemente il sintagma della filastrocca ha conservato il vocalismo in i per meglio aderire alla suaccennata "regola del ciff e ciaff".

(7) Altro procedimento non raro nella produzione di "parole inventate". Cf. p.es. bìbbidi-bòbbidi-bù.

(8) Di passaggio osservo che probabilmente sulla base del latino sarebbe possibile investigare altre filastrocche (o segmenti di filastrocche) che oggi appaiono formate da suoni privi di senso. Per esempio, un'altra filastrocca che comincia con an ghin gon presenta anch'essa una sillaba iniziale che potrebbe risalire ad *hanc, ed è tentante pensare che qui la velare finale si sia mantenuta (sonorizzandosi) davanti ad una vocale successiva, il che ci fornirebbe la chiave anche per la parola successiva (*hinc), mentre per l'ultima si potrebbe ipotizzare qualcosa come *hunc (?). Per la verità la nasale dell'ultimo segmento potrebbe essere dovuta ad un conguaglio coi suoni precedenti (esistono anche versioni che finiscono con ), nel qual caso potremmo pensare vuoi a *hoc, vuoi a *huc, e personalmente trovo che quest'ultima soluzione sarebbe la più adatta a completare, con l'indicazione di una direzione, il movimento di cui *hinc ci dice l'origine: *HANC HINC HUC "questa (mano?) da qui a qua..." sarebbe molto appropriata per la gestualità della conta.

RIMANDI BIBLIOGRAFICI

Vermondo BRUGNATELLI, La 'regola del ciff e ciaff'. Universali onomatopeici nell'inventività linguistica, "Atti Sodalizio Glottologico Milanese" 37-38 (1996 e 1997), Milano 1998, pp. 180-194

Ignaz GOLDZIHER, Jugend- und Strassenpoesie in Kairo, "ZDMG" 33 (1879), pp. 608-630

J. B. HOFMANN, Lateinische Umgangsprache, Heidelberg 19513

Myriam HOURI-PASOTTI, Lucienne SAADA, Dictons et proverbes tunisiens, "Littérature Orale Arabo-Berbère" 11 (1980), pp. 127-191

Alberto MARI, A. Virgilio SAVONA, Michele L. STRANIERO, Sotto la cappa del camino. Antologia di conte, canzoncine, filastrocche, indovinelli, ninne nanne, rime per giochi, scioglilingua, riti e scongiuri del repertorio infantile popolare italiano, Milano: Mondadori (Oscar), 1985

Veikko VÄÄNÄÄNEN, Introduzione al latino volgare, Bologna 1974