Visita di Stato in Algeria
(Lettera aperta a Ciampi)

Caro Presidente,
    nell'apprendere che Lei tra pochi giorni si recherà in Algeria per una visita di Stato, mi preme di farle osservare quanto segue:

1) Il presidente Abdelaziz Bouteflika, che Le ha rivolto l'invito, non è un presidente democratico.  Come Lei ben saprà, la sua elezione venne fatta senza avversari perché gli altri candidati si ritirarono alla vigilia dello scrutinio per la palese esistenza di brogli.  Il fatto che formalmente sia avvenuta un'elezione non deve nascondere questa mancanza di un vero mandato popolare, anche se da sempre, non appena eletto, Bouteflika ha impiegato ogni arma diplomatica per mostrarsi al mondo come un leader legittimo e democratico.  Temo che anche la Sua visita, pur mossa dai nobili motivi di mostrare l'amore degli Italiani per il popolo algerino, verrà sfruttata a fini propagandistici.

2) Quello che è peggio è che il presidente Bouteflika si è reso responsabile di una politica repressiva violentemente antidemocratica contro un'intera regione del suo paese, la Cabilia, la regione che più di ogni altra ha contribuito con un enorme tributo di sangue alla liberazione del Paese, e quella che da sempre ha mostrato insofferenza per le dittature e amore per la libertà e per la democrazia.  Oltre cento persone sono state uccise dalle forze dell'ordine nel corso del 2001, e diverse altre nel 2002.  Una commissione di inchiesta insediata dallo stesso presidente Bouteflika ha dimostrato senza ombra di dubbio che vi furono ordini dall'alto di sparare sulla folla e di uccidere (http://www.waac.info/library/documents/national_commission_inquiry_kabylia_report.html).  Ma quel rapporto è stato messo in un cassetto e nessun provvedimento è stato preso contro i responsabili dei massacri.

3) Oggi quella regione chiede giustizia e democrazia.  Le istanze della gente sono state raccolte dai rappresentanti dei villaggi (in Cabilia è ancora viva la Tajmait, assemblea di villaggio, un'antichissima tradizione di democrazia diretta, analoga per molti versi alle istituzioni delle poleis greche), che le hanno sintetizzate in un documento, la cosiddetta "piattaforma di El-Kseur" (http://digilander.libero.it/asaka/LesPages/piattaformaesplicitata.html). Ogni tentativo di presentare formalmente queste richieste al presidente algerino sono state represse con la forza.  Una prima manifestazione, il 14 giugno 2001, cui ha partecipato una folla immensa, sicuramente superiore al milione di persone, è stata così selvaggiamente repressa che ci sono stati diversi morti, moltissimi feriti e dispersi, molti arresti arbitrari uniti a torture. Per essere sicuro di non essere disturbato dai suoi "sudditi" di questa regione, Bouteflika quel giorno si tenne lontano da Algeri, con la scusa di visitare un emiro del Golfo in una clinica svizzera...  E da allora, mai più è stato possibile manifestare pubblicamente.  Ogni tentativo di organizzare anche solo manifestazioni simboliche, composte solo di poche decine di delegati, è stata repressa col massimo rigore.

4) Offesa ed umiliata, la regione della Cabilia ha deciso di non prestare più alibi alle pretese democratiche dei detentori del potere, e ha disertato in massa le elezioni politiche di maggio (su parecchi milioni di aventi diritto, votarono solo poche migliaia: i militari di stanza nella regione!) e quelle amministrative di dicembre. Oggi gli unici "rappresentanti democratici" dei Cabili sono i delegati dei villaggi: non il presidente (anche secondo le fonti ufficiali, in Cabilia ha votato meno del 6% degli elettori), non i parlamentari eletti dai militari né i sindaci eletti con dieci voti. A questo punto, la repressione si è abbattuta direttamente sui delegati dei villaggi.  Moltissimi sono stati incarcerati, o comunque sottoposti a ricatti e vessazioni giudiziarie.  E diversi di questi prigionieri politici, per protestare, hanno intrapreso scioperi della fame, di durata sempre crescente.  Solo pochi giorni fa si è concluso, per fortuna senza finire in tagedia, uno sciopero durato più di 40 giorni, nel carcere di Tizi Ouzou (Cabilia).

5) Purtroppo, il potere algerino può continuare in questi suoi comportamenti scandalosamente antidemocratici grazie ad una eccessiva compiacenza internazionale.  E' incredibile che di tutti i fatti sopra riferiti solo pochissimo sia trapelato all'opinione pubblica italiana ed europea.  E il silenzio dei media e dei politici europei rende sempre più impudente e sfacciato il comportamento del potere algerino, che ha facile prevalenza sui metodi pacifici e democratici dei suoi avversari.

Fatte queste premesse, Caro Presidente, mi sembra necessario rivolgermi a Lei per chiederle di rompere questo muro del silenzio.  Nel corso dei colloqui che avrà con i dirigenti di quel Paese, La prego di esprimersi con franchezza riguardo alla questione dei diritti umani calpestati in Cabilia.  Richieda la liberazione dei detenuti politici cabili e l'accoglimento delle richieste della piattaforma di El Kseur.  E ricordi al suo ospite che il trattato di associazione dell'Algeria all'Unione Europea dell'aprile 2002 prevede espressamente (all'art. 2) che il rispetto dei diritti umani è un elemento essenziale dell'accordo, e che quindi, il persistere di queste violazioni rischia di renderlo nullo.

Certo che vorrà ascoltare questo mio appello, la ringrazio anche a nome di tutti i Cabili immigrati in Italia.

Vermondo Brugnatelli
(presidente dell'Associazione Culturale Berbera in Italia)

21 gennaio 2003